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... Il villaggio appare, visto da lontano, intatto, tanto più
che il campanile rimase incolume. In realtà neppure una casa
é più abitabile, tutte essendo scoperchiate ed invase
dalla vegetazione selvatica, con grande effetto di pittorica desolazione
".
Ho
ritrovato questa sommaria descrizione di Bussana Vecchia in una guida
della Liguria pubblicata trent' anni dopo il terremoto, cinquant'
anni prima del mio incontro con Bussana quando, stabilitomi da poco
a San Remo, iniziavo a perlustrare i paesi dell' entroterra.
La
Bussana che io conobbi corrispondeva alle descrizioni della vecchia
guida turistica con una variante gentile : fra le fatiscenti rovine
che visitavo per la prima volta, un' esile, altissima palma svettava
come un vessillo dando un aspetto inconsuetamente africano al paesaggio.
L'
impatto con il borgo silente ed abbandonato era, per il visitatore
solitario che già conosceva altri paesi dell 'entroterra, quanto
mai suggestivo. Raggiungeva il paese percorrendo una mulattiera poco
agevole, interrotta qua e là da frane, fiancheggiata da aspri
calanchi, sostando alla croce di ferro che ricordava il terremoto.
Ad
ogni curva il campanile di Bussana appariva più vicino. Superato
il cimitero, dopo una sosta alla provvidenziale fontanella di ferro,
raggiunta la palma, passava, fra le prime case a sinistra, dall' intensa
luce solare al buio dei vicoli ricoperte da basse arcate.Si intravvedevano
nell' oscurità degli archi due piatti di vecchia Savona murati
in alto con tipici colori cobalto e bianco.
Voltava
poi a destra in uno stretto viottolo le cui alte mura si sostenevano
a vicenda con esili archetti; si apriva un varco fra la vegetazione
lussureggiante e giungeva alla piazzetta scavalcando macerie ingonbranti,
dove un palazzo con gli archi fronteggiava la chiesa parrocchiale
invasa da frammenti della copertura e dalle ortiche.
Scopriva
fra i pilastri un varco che conduceva alla pericolante scaletta che
consentiva una rischiosa passeggiata sulle mura perimetrali diroccate
e l' ascesa al campanile, dove l' occhio spaziava su tutto il panorama.
Uscendo
dalla chiesa si inerpicava fra le ginestre ai ruderi del castello
penetrando nella cella dove era accolto il frantoio con le sue macine.
Dalle aperture superiori strapiombanti sul vuoto, lo sguardo spaziava
sulla valle di Taggia.
Ritornando verso il basso, attraverso un voltone,
raggiungeva, fronteggiata da una casa con i finestroni arcati, la
piazzetta della chiesa piccola. Lo
sguardo era attirato dalla sommità del campanile sorretto da
tre esili pilastrini. Una strada in discesa completava il periplo
del paese ed il visitatore si ritrovava, assetato, alla fontanella.